Una gita al Santuario del Monserrato, Porto Azzurro


Capoliveri, 31 luglio 2012

Herbert  il nostro storyteller preferito, amico dell’Elba,  ci racconta…
“Stiracchio le braccia, sbadiglio e mi stropiccio gli occhi prima di scendere dal letto, poi ancora assonnato mi dirigo alla finestra e “Tragedia, disastro!!!” il cielo è coperto. Che si fa? Bisogna ingannare la mattinata e per quanto adori il paese di Capoliveri preferisco evitare di andarci proprio oggi: sarà certamente preso d’assalto da altri turisti che come noi si trovano in impasse.

Cartina alla mano ci facciamo consigliare alla reception e tra le varie alternative che ci vengono proposte una stuzzica la nostra curiosità: il Santuario della Madonna del Monserrato, a pochi passi da Porto Azzurro.
Raggiungerlo è semplicissimo: si esce dal paese e si segue la via Provinciale in direzione del Museo Minerario, lo si supera e qualche centinaio di metri dopo il cimitero si prende a sinistra la strada per il Monserrato.

Percorrendola raggiungiamo la prima sorpresa della giornata: un imponente e plurisecolare pino domestico. Una caratteristica di questa specie di piante è quella di svilupparsi prevalentemente verso l’alto ed avere quindi un fusto quasi nudo. Invece “Nonno Pino” (il nome dato alla pianta dai bambini delle scuole elementari di Porto Azzurro) ha una chioma che comincia molto in basso e si ramifica per un diametro di 30 metri. Per raggiungere i suoi 22 metri di altezza ci ha impiegato la bellezza di 400 anni: ne deve aver viste di cotte e di crude quella corteccia!


Parcheggiamo e ci incamminiamo lungo il fondovalle sulla strada che ben presto diventata sterrata ed inizia a salire. Il profumo dei fiori riempie le narici ed i loro colori sono gioia per gli occhi. Lungo il cammino ci colpisce una meravigliosa masseria e l’ordinato limoneto che la circonda.
Da subito abbiamo la possibilità di ammirare il Santuario che sarà la meta della nostra passeggiata: la chiesa è arroccata su un cucuzzolo di roccia apparentemente inaccessibile e ricoperto da tenaci arbusti e rigogliose piante di agave. Le nubi basse e le dirupate pendici dei monti che ci circondano rendono ancora più suggestiva la visione.
Si continua a salire seguendo il percorso scandito dalle stazioni della Via Crucis fino a raggiungere la sommità del rilievo che ospita l’edificio. Si tratta di una chiesetta semplice edificata all’inizio del 1600 quando l’isola era sotto il controllo spagnolo. L’allora governatore Pons y Léon la fece costruire per fede o più probabilmente per nostalgia visto che al suo interno vi fece poi porre una copia fedele della “Madonna con Bambino”, la celebre opera che è custodita nel santuario catalano del Montserrat.


Siamo subito attratti dall’ampio patio antistante l’entrata principale: da qui si può godere di uno stupendo panorama che arriva fino al mare. Proviamo ad entrare ma, come era prevedibile, il Santuario è chiuso. Ci dedichiamo quindi a visitare gli spazi circostanti scoprendo che con un po’ di cautela, oltre il retro della chiesa, si può percorrere un tratto di sentiero che permette di spingersi sulla montagna.
Il sentiero è battuto, fin troppo per non condure apparentemente in alcun luogo. Per di più sinistri rumori provengono dalla vicina boscaglia: in un certo senso ci sentiamo osservati. A qualche decina di metri di distanza, nella vegetazione che copre l’altro versante della stretta valle, si intravede la sagoma di un quadrupede. Guardando con più attenzione l’animale si rivela essere una tranquilla ed innoqua capra selvatica.

Alzo la testa e ne scorgo un’altra sopra di noi, anzi più d’una: arrampicate sulle aspre rocce della montagna ne riesco a contare almeno una dozzina. Sembrano essere le silenziose custodi di questo mistico luogo.
Ci intratteniamo nella quiete del monastero ancora per un po’ prima di tornare sui nostri passi e ripercorrere a ritroso l’itinerario che ci ha condotti fino qui. Siamo incantati da quanto abbiamo visto e promettiamo di tornarci con il bel tempo “sacrificando” una mezza giornata di mare per ammirare i colori ed assaporare i profumi dell’entroterra elbano.

Herbert Lorenzoni famiglia Smit di Cles

Grazie per il racconto!  Ci è proprio piaciuto

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